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Dall’antichità fino all’inizio del XVII secolo, l’insieme delle curve note ai matematici non subì variazioni significative: comprendeva pochi elementi (usando il nostro linguaggio: le coniche, qualche curva algebrica di grado più elevato, ad es. la concoide di Nicomede e la cissoide di Diocle; qualche curva trascendente, ad es. la spirale di Archimede e la quadratrice di Dinostrato). Questa situazione cambiò rapidamente durante il XVII secolo, in cui le curve agivano nel pensiero matematico in una triplice veste: come strumento per risolvere equazioni, come oggetto di analisi e di studio, come soluzione per nuovi tipi di problemi: così se ne prese in considerazione un numero sempre più vasto.

Cartesio diede per la prima volta al movimento e ai curvigrafi (“macchine” per disegnare archi di curva) una funzione centrale nello sviluppo del discorso geometrico: egli riteneva infatti che la natura delle curve fosse determinata dal modo in cui venivano generate “per moto continuo”, e non soltanto dalle loro equazioni o dalle loro proprietà. Lo studio dei curvigrafi si intensificò poi, in modo particolare, nel XIX secolo: quando, da un lato, la teoria delle trasformazioni geometriche forniva nuovi strumenti per interpretare il funzionamento di sistemi articolati o biellismi e, dall’altro, lo sviluppo della ingegneria meccanica offriva fecondi terreni di esercizio pratico alla ricerca astratta.

Tra i curvigrafi di interesse storico conviene distinguere:

• quelli in cui la curva da tracciare è bordo esterno (o scanalatura interna) di una lastra in materiale rigido (legno, metallo, plastica) ricalcabile sul foglio da disegno (l’esempio più antico ed illustre è la riga);

• quelli in cui il tracciatore è pilotato da un meccanismo (sistema articolato, biellismo ecc.) che incorpora una proprietà caratteristica della curva da generare: tale proprietà appare allora come invariante rispetto alle deformazioni (ai movimenti) che il meccanismo subisce (esegue) durante il suo funzionamento (ciò accade ad esempio nel compasso);

• quelli in cui la punta scrivente è guidata da un sistema di fili tesi che scorrono attorno a perni mobili o fissi (ad esempio il c.d. ellissografo del giardiniere).

Curvigrafi diversi possono disegnare la medesima curva (in questo caso ne incorporeranno proprietà caratteristiche distinte); ma uno stesso curvigrafo (con qualche modifica nella attrezzatura e/o nelle modalità d’uso) potrà anche disegnare curve diverse. Attualmente, il computer traccia qualsiasi curva: è un curvigrafo universale, estremamente flessibile. Lo si può costringere ad agire con differenti modalità:

• trasformando (mediante software adeguati) un meccanismo concreto in un curvigrafo virtuale;

• interpretando l’equazione della curva come relazione numerica tra variabili;

• interpretando l’equazione della curva come relazione tra segmenti variabili (così faceva Cartesio nella “Geometria”). Software di geometria dinamica come Cabri e Geogebra, ad esempio,  offrono anche quest’ultima possibilità (potremmo dunque dire che sono  “cartesiani”).

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